Proust a Grjazovec, Józef Czapski, Adelphi, 2015











Durante la seconda guerra mondiale, il pittore e scrittore polacco Józef Czapski viene fatto prigioniero dai russi e deportato nel gulag di Grjazovec, località a circa 400 chilometri da Mosca. Nel corso dei mesi quattromila ufficiali polacchi si riducono a settantanove. Per superare l’angoscia e lo sconforto, quegli uomini disperati decidono di tenere a turno delle conferenze, in base ai rispettivi campi di interesse e al lavoro che svolgevano “fuori”.
Nei loro pagliericci infestati dalle cimici e senza alcun libro di supporto, contando solo sulla memoria, gli ufficiali si intratterranno a vicenda sulla storia dell’Inghilterra, sulla migrazione dei popoli, sulla storia dell’architettura, ecc. 
Czapski, esperto di pittura e letteratura francese, decide di dedicare quei momenti così preziosi alla rievocazione della Recherche di Proust.
“In quei momenti pensavo con emozione a Proust, che, nella sua camera surriscaldata e tappezzata di sughero, si sarebbe meravigliato e forse commosso se qualcuno gli avesse detto che, a vent’anni di distanza dalla sua morte, un manipolo di prigionieri polacchi, dopo un’intera giornata trascorsa sulla neve, in un freddo che arrivava spesso a quaranta gradi sotto lo zero, avrebbe ascoltato con il massimo interesse la storia della duchessa di Guermantes, l’episodio della morte di Bergotte e qualsiasi altra cosa sono riuscito a ricordare di quell’universo di preziose scoperte psicologiche e di sublime bellezza letteraria.”
Ciò che stupisce e tocca fin nel profondo in questa breve “conferenza clandestina” non è solo l’analisi acuta dell’opera proustiana – che viene abilmente messa in relazione con le opere di Mallarmé, Zola, Debussy, fino ad arrivare ai balletti russi di Djagilev e perfino ai fasti teatrali di Sarah Bernhardt – ciò che stupisce, dicevamo, è soprattutto il ricorso, quasi una vera e propria evocazione, alla letteratura come unica possibilità di sopravvivenza in un momento storico che sembra aver perso ogni anelito all’umanità.
Questo curatissimo volume Adelphi, arricchito dai disegni e dagli appunti originali dell'autore, illumina le pagine di Proust di una luce nuova e, soprattutto, conferma come solo la grande letteratura sia capace di ricordarci di essere e restare umani.