Il giardino persiano, Chiara mezzalama, e/o 2015







Teheran, estate del 1981. Che la vita in città non sarà facile la famiglia dell’ambasciatore lo capisce appena sbarca in aeroporto quando, nonostante il passaporto diplomatico, tutti vengono perquisiti e i bagagli aperti. Poco dopo, nella macchina d’ordinanza guidata da un abile autista, dietro i vetri appaiono le strade affollate, le donne velate, gli uomini barbuti con kalasnikov al seguito e i ritratti dell’Ayatollah Khomeini, ovunque in città, come un monito sinistro.
Eppure, nonostante il pericolo, era giusto che la famiglia si riunisse e la moglie e i due figli piccoli, Chiara e Paolo, raggiungessero il padre, ambasciatore italiano in uno dei luoghi più pericolosi al mondo, dove si è appena consumata una rivoluzione di stampo integralista ed è in corso la guerra contro l’Iraq.
Per offrire una maggiore sicurezza alla famiglia, l’ambasciatore decide di trasferirsi nella residenza estiva, poco fuori città: un antico e decadente palazzo principesco, dove è ancora possibile vedere l’harem e il bagno turco e, soprattutto, perdersi nel meraviglioso e vasto giardino...
Le mura del giardino, tuttavia, non riusciranno a tenere completamente lontana la realtà, così – oltre alle bombe che cadono poco più in là e alla costante minaccia dei pasdaran, Chiara conoscerà Massoud, un ragazzino che ha trovato un varco nel muro di cinta e forse anche nel cuore di Chiara. Con lui, comunicando soltanto con gli occhi e i gesti, condividerà avventure e segreti. E poi ci sono i lunghi pomeriggi di lettura e di giochi, consumati al fresco delle piante, col suono della fontana in sottofondo. I personaggi della Chanson de Roland si mescolano con Sandokan e il Capitano Nemo, con i principi persiani e i loro tesori cercati da Diabolik ed Eva Kant. Su tutti però svetta Khomeini, che diventa una sorta di mago malvagio, l’antagonista malefico contro cui combattere. Con grazia e sapienza narrativa Chiara Mezzalama racconta di sé e della sua infanzia di “bambina di ambasciata” ma il suo è un romanzo che va oltre i ricordi personali, perché la storia narrata ha il pregio di mostrarci quelle fantasiose e invidiabili strategie che i bambini sanno mettere in atto per trasformare il dolore in occasione di crescita.