Fragili
e dolci creature di Rohmer! Francesine dalle mani nervose, torte sotto il peso
di conversazioni metafisiche. Lievi come ogni singola goccia di quei temporali
che ti fanno correre in casa. Case che dietro i vetri ci sono giardini dai colori
delle quattro stagioni, case che – ne sono sicuro – odorano di dolci. Mi
piacete quando, emancipate parigine, preparate le valigie per partire. Ne abitate
anche più d’una (come me!) di quelle case vive, per il gusto di credere di non
essere mai arrivate da nessuna parte. Giù vestiti a caso (e allora come fate a
esser sempre composte ed eleganti?) e ogni campanello che suonate è una storia
in cui ci fate entrare. E di gente ne incontrate e mi piace come vi infilate
oppure uscite da discorsi da piscina o più complessi movimenti del cuore. Ma,
in verità, è Eric Rohmer che fa film che ti entrano nella vita come un
micro-evento. Come quando perdi l’autobus, come quando fai l’amore, come quando
la stagione cambia e tiri fuori i pantaloni bianchi. I suoi film mi hanno
insegnato a scrivere, a riconoscere in ogni atto minimo del reale un evento
drammatizzabile.
A stupirmi per un nulla, mi hanno insegnato. A scoprire che qui,
davanti ai miei occhi, volendo, è tutto pieno di impercettibili effetti
speciali.