La controvita, Philip Roth, traduzione di Vincenzo Mantovani, Einaudi 2010








Scrivere l’elogio funebre per il proprio fratello è una cosa terribile, anche per uno scrittore del calibro di Nathan Zuckerman. Alla perdita vanno aggiunte altre dolorose circostanze, ad esempio il litigio che portò i due fratelli a non parlarsi più e, soprattutto, il fatto che Zuckerman sia l’unico a conoscere le vere cause della morte del fratello Henry. Stupido, sconsiderato, imbecille fratello minore che, dentista affermato e amorevole padre di famiglia, ha finito per andare fuori di testa per la sua giovane e avvenente assistente alla poltrona. Fin qui nulla di male, figurarsi se uno scrittore dalla vita libertina come Nathan Zuckerman poteva rimproverare il fratello, sempre così rigoroso e serio, per una innocente avventura extra-coniugale. Ma Henry, a causa di farmaci molto potenti che doveva prendere per problemi cardiaci, s’è ritrovato impotente a 39 anni, proprio quando la sua giovane assistente aveva riacceso in lui i fuochi della passione erotica. Da lì la decisione di subire l’operazione chirurgica, altrimenti non necessaria, che avrebbe dovuto liberarlo dai farmaci e che, invece, lo ha condotto alla morte. Adesso Nathan è devastato dai sensi di colpa per avere appoggiato il vitalismo del fratello e non averlo dissuaso dal folle proposito di farsi operare.
Poche settimane dopo l’operazione Henry è caduto in uno stato di profonda depressione e, durante la lenta convalescenza ha rimesso in discussione la sua vita, decidendo di riappropriarsi delle proprie radici ebraiche. Così ha lasciato il lavoro, la famiglia e gli Stati Uniti, per trasferirsi in Israele, studiare l’ebraico e vivere in uno sperduto insediamento nel deserto. Sarà ancora una volta il fratello maggiore Nathan, combattuto fra l’ammirazione e un sottile disprezzo, ad andare da Henry per cercare di comprendere le sue ragioni…
Diviso in cinque parti, La controvita è un romanzo che sorprende e che, come solo la grande letteratura riesce a fare, mena per il naso anche il lettore più smaliziato. Che bello, quando uno scrittore riesce a ingannarci, a farci credere che ci sta conducendo in una direzione precisa, mentre poi ci ritroviamo a bocca aperta di fronte a un panorama totalmente inaspettato!Sì, perché Roth monta un marchingegno narrativo in cui la trama del romanzo, come una perfetta macchina a incastro, cambia continuamente prospettiva e tutte le dolorose vicende esistenziali di Henry, diventano in realtà quelle del fratello maggiore, in un alternarsi di narrazione e contro-narrazione. Attenti però: La controvita non deve affatto essere interpretato come un “semplice”, per quanto articolato, gioco letterario, al contrario è un romanzo densissimo di senso e di profonde riflessioni – non solo sulla potenza della letteratura e le mistificazioni dello scrivere – ma anche su temi ben più concreti come la questione ebraica, l’identità, il sesso, i legami familiari.
Philip Roth è uno scrittore sopraffino, capace di cesellare le parole e rendere in modo incomparabile sia rapide descrizioni che articolate considerazioni sul mondo e l’umanità. L’ottima traduzione dell’edizione italiana non fa perdere nessuna di queste caratteristiche.
Einaudi ha colmato un vuoto, facendo uscire finalmente in Italia il libro scritto da Roth nel lontano 1986. Ancora una volta protagonista è l’alter ego dello scrittore americano, Nathan Zuckerman, già presente in molti altri romanzi a cominciare da Lo scrittore fantasma del 1974, in cui il giovane Zuckerman fa la sua prima comparsa, fino al più recente Il fantasma esce di scena (2008) in cui uno Zucherman ormai anziano fa i conti con i grandi temi della vita, come la malattia e la morte.
Nathan Zuckerman è diventato quasi un autore a sé, tanto da finire addirittura in un romanzo di Salman Rushdie La terra sotto i suoi piedi, non a caso ambientato nel mondo degli alter ego letterari. Fra Pirandello, Kierkegaard, Kafka e la più illuminata tradizione letteraria americana, La controvita è un libro imperdibile.